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Author Topic: Sul valore dei nummi, su Valentiniano III e su Galla Placidia  (Read 6114 times)

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Offline antvwala

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Spulciando il Codex Theodosiani con la raccolta delle leggi (Novellae), mi sono imbattuto nella Novella XIV di Valentiniano III (anno 445) che mi pare faccia chiarezza su qualcosa che più volte dibattemmo.
Spero di non offendere nessuno se, anziché riportare il testo originale latino, passo direttamente alla traduzione in lingua toscana:

"NOVELLA VALENTINIANI XVI (445)

SUL PREZZO DEL SOLIDO, E CHE NESSUNO RIFIUTI UN SOLIDO DI PIENO PESO.

Gli Imperatori Augusti Teodosio [II] e Valentiniano [III] al popolo romano. Ci giungono alle orecchie di frequente, Quiriti, lamentele relative ad una tattica sconsiderata, cioè che, ad offesa dei nostri avi, i solidi contrassegnati con i loro nomi sarebbero rifiutati da ogni acquirente: non sopportiamo più oltre che questo comportamento vada impunito. Perciò con questo editto l’intera popolazione dell’Impero sia informata che rimane in vigore la pena capitale se chiunque avrà rifiutato, o avrà valutato ad un prezzo inferiore, un solido d’oro del Signore mio padre Teodosio [II] o dei nostri sacri parenti o di Imperatori precedenti, che sia di intero peso. E l’illustre prefetto urbano ed il suo ufficio saranno tenuti al pagamento di 10 libbre d'oro, se fosse stato provato che chicchessia violasse quanto qui stabilito.
Con questo testo di legge vogliamo anche che sia mantenuto in vigore in perpetuo che un solido, che i cambiavalute forniscono a 7200 nummi, non sia mai venduto ad una cifra inferiore a 7000 nummi. Infatti l’uniformità del prezzo preserverà tanto il guadagno del venditore quanto i prezzi fissati di tutte le merci.
Affinché sia eliminata completamente anche la frode riguardante i pesi, saranno da noi forniti i pesi campione, che devono essere custoditi senza frode dietro la minaccia della pena sopra indicata. E di mano divina: sia proposto al nostro amatissimo popolo romano. E di lato: consegnata il 18 gennaio a Roma durante il VI consolato dell’Augusto Valentiniano
."


Su questa interessante Novella, ci sarebbe moltissimo da discutere.
Ma vorrei portare la vostra attenzione sulla frase sottolineata, dalla quale si deducono alcune cose:

1) che esisteva una relazione di cambio ben definita tra nummo e solido, il che non implica che "un" nummo avesse un peso preciso e costante, ma che "mille" nummi sì lo avevano!;

2) che i cambiamoneta ricevevano nummi dalle casse dello Stato al prezzo di 7200 nummi per solido e li rivendevano a un prezzo minore di 7000 per solido, contravvenendo la legge che, invece, prescriveva loro di venderli a 7000 nummi per solido;

3) che i cambiavalute avevano il ruolo di distribuire i nummi nella popolazione, ritirando in cambio solidi, con i quali compravano i nummi allo Stato.


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Offline antvwala

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #1 on: June 24, 2011, 01:01:06 pm »
Poiché i puristi sono insorti lamentando il fatto che non abbia postato il testo originale, allegando che li sto trattando da ignoranti, quasi non dominassero il latino altrettanto bene di quanto Bossi domina le complesse leggi dell'economia politica, mi affretto a supplicare umilmente venia e a postare le due pagine ove si legge questa interssante Novella, precisando che esse fanno parte delle:

NOVELLAE CONSTITUTIONES IMPERTAORUM, a cura di Jacobus Sirmondus, con le preclare annotazioni critiche di Gustavus Haenel,
pubblicate da Adolphus Marcus in quel di Bonn, nell'anno del Signore MDCCCXLIV


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Offline pippo72

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #2 on: June 25, 2011, 08:59:54 am »
Probabilmente la novella si rifà a questo principio  ispirativo: occorreva porre un freno al deprezzamento del nummo. Secondo me i cambiavalute sì lucravano, ma il fenomeno fu limitato. In caso contrario, si presupporrebbe che nel 445 circolassero centinaia di migliaia di nummi da convertire/riconvertire in oro,  così come al tempo di costantino. I dati statistici dicono però inequivocabilmente il contrario. La massa monetaria era limitata.
 Nel 445, in una fase di pesante crisi produttiva/commerciale circolò una quantità esigua di nummi e credo che un numero limitatissimo di artigiani, mercanti si fece cambiare 7000 nummi per avere in cambio un solido da versare nelle casse erariali.

Il ceto medio, depauperato, pagava le tasse per lo più in natura. I proprietari terrieri pagavano in solidi. I poveri (tantissimi) erano nullatenenti o servi del padrone.

In definitiva vedo la novella come uno dei tanti tentativi che l'autorità fece per preservare il valore fiduciario del bronzo più che come un provvedimento messo in atto per arginare l'attività fraudolenta dei cambiavalute

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #3 on: June 25, 2011, 09:18:28 am »
...si presupporrebbe che nel 445 circolassero centinaia di migliaia di nummi da convertire/riconvertire in oro,  così come al tempo di costantino. I dati statistici dicono però inequivocabilmente il contrario. La massa monetaria era limitata....

E' proprio qui il nocciolo della questione: io sono convinto che la massa circolante di nummi fosse notevole e non limitata. La loro piccola dimensione ha fatto si che si siano usurati molto rapidamente, sicché oggi non ne troviamo molto pochi.


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Offline pippo72

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #4 on: June 25, 2011, 09:32:55 am »
... E ritorniamo al problema del rame a peso;
Non credo nell'ipotesi degli smarrimenti anche perchè al tempo di Costanzo (grande inflazione) si coniarono tonnelate di nummi aventi un peso analogo al nummo di valentiniano III, infatti questi si trovano a bizzeffe anche nei mercatini paesani.

Se rendi più ampia l'analisi e in questo può esserti di grande aiuto il Ward-Perkins, l'orizzonte storico del regno valentinianeo è davvero cadente, non circolano le merci, non vengono prodotti manufatti di qualità, l'economia è chiusa e di conseguenza, bassa è la domanda di moneta! Le cause storico-politiche sono tante e sono sicuro che le conosci visti i tuoi recenti approfondimenti.

Ti dirò di più, se arrivi ad ipotizzare che i nummi oggetto di infinite congetture (quelli con legenda contratta per intenderci) siano di matrice vandalica, si crea un BUCO totale dal 440 al 454 in cui Valentiniano smetterebbe di coniare moneta. A questo punto quali sarebbero i nummi che venivano cambiati in un rapporto 7000/1 col solido?

Offline antvwala

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #5 on: June 25, 2011, 11:23:51 am »
... E ritorniamo al problema del rame a peso....

Non toccare questo tema che qualcuno se n'adombrerebbe immantinente!


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Offline pippo72

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #6 on: June 25, 2011, 12:50:47 pm »
...Vabbè è un prolungamento ideale della discussione iniziata di là  :)

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #7 on: June 25, 2011, 01:57:33 pm »
...Vabbè è un prolungamento ideale della discussione iniziata di là  :)

Gli è che a quelli che stanno "là" potrebbe dare fastidio  :evil:

Effettivamente sto cercando di immedesimarmi nella realtà del V secolo. E' fuor di dubbio che rispetto a un secolo prima, il commercio è l'ombra di quello che era, soprattutto perché Roma aveva perso il dominio del mare ed era proprio il Mediterraneo il cuore commerciale commerciale dell'impero. Tuttavia ritengo che non fosse così ridotta la circolazione monetaria dei nummi come pensi tu.
Leggendo la Novella, è interessante il fatto che conferma come già da mezzo secolo 7200 nummi corrispondessero a un solido. Inoltre, poiché ovviamente non si poteva di volta in volta contare i nummi, questa novella conferma indirettamente che nelle operazioni di maggiore volume essi venivano maneggiati a peso. Il fatto che si legifera per contenere l'avidità dei cambiavaluta e che si pone addirittura la pena capitale per chi non rispetta i limiti di cambio (7200 compratore/7000 venditore) fa pensare che fosse un problema grave e quindi frequente.
L'intero contesto sembrerebbe suggerire il passaggio Zecca -> cambiavalute -> mercato, cosa che mi viene nuova.
Merita un'attenta lettura (e traduzione) l'intera novella.


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Offline pippo72

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #8 on: June 25, 2011, 02:54:40 pm »
Credo che il passaggio dei cambiavalute sia formalmente irrinunciabile perchè lo stato esigeva pagamenti in oro. Quindi la figura del cambiavalute era un male necessario. Tu artigiano hai un mucchietto di nummi guadagnati qua e la',  ma nel momento in cui paghi le tasse devi convertire parte dei risparmi in oro. In quel momento devi passare alla conversione in solidi; ecco che scatta l'operazione speculativa del cambiavalute che vuole guadagnarci. Certo, il cambiavalute pesa i sacchetti perchè la conversione Oro/bronzo è sbilanciatissima. E chi si mette a contare 30000 nummi??

Stando  ai miei presupposti questa operazione è puramente teorica perchè oramai non c'è più nessuno che converte i suoi nummi in solidi; la società è castale: o sei smodatamente ricco e paghi direttamente in solidi perchè ce li hai già nei forzieri, oppure sei un servo della gleba e risulti nullatenente. Al limite paghi in natura (aderatio) se vien fuori che sei tassabile.
L'aderatio è largamente in uso sotto Costantino, figuriamoci sotto Valentiniano III!

Tutta la tirata sulla punibilità del cambiavalute mi sembra una formula rituale/giurisprudenziale, volta solo ad affermare con forza che il nummo non va per nessun motivo svalutato per colpa di 4 stronzi che ci vogliono guadagnare sopra.

La novella potrebbe anche essere letta come ulteriore ombrello posto dal sovrano a tutela dei ceti agiati. Tanto chi aveva l'esigenza di convertire 20 Kg di nummi in oro? I commercianti? I suarii? senz'altro ma per lo più sospetto erano gli stessi proprietari terrieri che ricevevano in bronzo il provento dell'attività agricola.  I latifondisti non amavano farsi prendere per il naso dai cambiavalute...e allora eccoti confezionata la legge su misura che tutela a un tempo sia l'interesse del sovrano (stabilità monetaria) che l'interesse dell'aristocrazia senatoriale (guai speculare sui cambi!!).

Tutto ciò è straordinariamente attuale  ;D

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #9 on: June 25, 2011, 03:09:12 pm »
Tutto il peggio del V secolo è straordinariamente attuale! Dall'integralismo papale, che domina ogni aspetto della vita civile che può generare entrate di denaro per la chiesa, ai vecchi con l'altzeimer convinti a cedere ai parroci tutti i loro averi in cambio della promessa di vita eterna, alla corruzone generalizzata del sistema fiscale, attentissimo a estorcere ai meno abbienti tutto il possibile, chiudendo gli occhi davanti ai patrizi campioni di evasione fiscale, ai festini di Arcore dove vecchi satiri sull'orlo della fossa impalmavano fanciulle ancora bambine...

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Offline pippo72

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #10 on: June 25, 2011, 03:28:48 pm »
Poi c'è il discorso dei prezzi. Al momento sono poco allenato ma in passato ho trovato begli spunti anche su googlebooks.
Documenti attestano che anche sotto Valentiniano III i prezzi rimasero stabili in materia di beni di prima necessità. Cioè il pezzo del lardo aveva lo stesso prezzo che nel periodo di Costantino. Stimabile una manciata di nummi. Cio' significa in ultima istanza che potevi tranquillamente tirare a campare con qualche moneta in tasca...purtroppo però la penuria monetaria era drammatica (ribalto quindi il tuo assunto)
L'uomo della strada dubito che abbia mai conosciuto un cambiavalute nel decennio 440-450

Offline pippo72

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #11 on: June 25, 2011, 03:36:09 pm »
studiati passo passo questa pubblicazione, per me irrinunciabile:
Economia e società nell' "Italia annonaria";        è su googlebooks

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #12 on: June 26, 2011, 05:02:58 am »
studiati passo passo questa pubblicazione, per me irrinunciabile:
Economia e società nell' "Italia annonaria";        è su googlebooks

Penso che ti riferisci a: Lellia Cracco Ruggini, Economia e società nell' "Italia annonaria", Giuffré editore, 1961, 716 pagg., 50 euro....
... purtroppo non scaricabile  :(  E l'edizione cartacea mi pare difficilmente reperibile.

Ora sono alla ricerca di un libro di Vigo Sirago su Galla Placidia, che ho trovato.... ma ho la mia carta paypal con fondi 0!  ;D per cui devo attendere a domani per depositarci due palanche!

Mi è piaciuto il libro di Lidia Storoni Mazzolano, Galla Placidia, Rizzoli1975, che ho trovato in una libreria a Torino, in Via Po; e ora sto leggendo Chistopher Kelly, Attila e la caduta di Roma, Mondadori 2011 (dunque fresco di stampa).
Frugando tra vecchi libri, ho trovato un volumone piubblicato da Sonzogno nel 1829, all'interno del quale ci stà la sintesi della Storia di Olimpiodoro scritta da Fozio: il testo di Olimpiodoro, contemporaneo di Galla Placidia e frequentatore della corte ravennate, purtroppo è andato perduto, e resta solamente l'ampia sintesi scritta da Fozio nel IX secolo. Me la sono copiata interamente in word, visto che non era troppo corposa (20 pagine) e, ovviamente, l'ideale è sempre quello di avere un testo in word che consente rapide ricerche con le parole chiave.

Ora mi appresto a leggere di Emilienne Demougeat, L'évolution politique de Galla Placidia, corposo articolo di 28 pagg. scaricabile dal web in formato pdf.

Continuo a cercare di capire i rapporti tra Teodosio e Galla Placidia, non appena nel 423 giunse con i figli a Costantinopoli. Tra gli storici moderni, trovo moltissime discordanze, persino sulla data del suo arrivo, che oscilla tra la fine del 422 e maggio del 423. Poi secondo alcuni, inizialmente Teodosio ne ebbe molto fastidio e non la aiutò; secondo altri fu bene accolta, tanto che mise a sua disposizione la domus Placidiana, che fu la dimora della madre Galla e che si trovava all'interno delle mura del sacro palazzo. Secondo me, giunse nel maggio del 423 (nascono molte contraddizioni se si anticipa la data), l'accolse bene ma restando in aspettativa degli eventi, e cioé mantenendo i piedi in due staffe: un sorrisino a Placidia e un consolato a Castino: quando poi Giovanni, che era una gran brava persona (lo rivaluto sempre di più!) fu eletto dal Senato quale imperatore (cosa assolutamente legittima, in quanto corrispondeva al Senato tale elezione), allora Teodosio decise di appoggiare Placidia e di incoronare Valentiniano (porpora mai riconosciuta dal Senato, ma voluta dal papa, che ormai era l'eminenza nera che dominava la politica dei due imperi.... a tutto vantaggio della casse papali!). Placidia pagò un prezzo: cedette anche formalmente l'Illirico (che di fatto era già amministrato da Costantinopoli) e, quel che è peggio, divenne il clone di Pulcheria, la vergine più odiosa di tutta la corte bizantina, "assai più imperatrice lei di quanto Teodosio non fosse imperatore", come afferma Onoria. Galla Placidia si trasforma in una furiosa cattolica ultraintegralista: insieme a Pulcheria, perseguitano pagani, eretici ed ebrei con una foga tale che persin la pia Eudocia, sposa di Teodosio, dovette allontanarsi dalla Corte accusata di difendere degli ebrei...

Tanto Pulcheria quanto Eudocia furono poi fatte entrambe sante... ma la coerenza non è precisamente un dono del papato (e nemmeno dei patriarchi di Costantinopoli). Credo che, pagando bene, farebbero santo persino il grande puttaniere di Arcore!

Comunque, tornando a noi: cosa ne pensate dei rapporti tra Teodosio e Galla Placidia tra il 420 e il 425? pollice retto o verso?
Quesito che ho già posto in altra discussione (quella su Onoria) ma senza avere risposta.... Siete molto pigri e le discussioni stanno languendo.... il caldo? la conclusione dell'anno scolastico?

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Offline pippo72

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #13 on: June 26, 2011, 06:16:29 am »
Il Sirago ce l'ho, interessante. Il Mazzolani pure ma non mi è piaciuto perchè la Mazzolani, riveritissima e rispettatissima, purtroppo ci offre un racconto romanzato. I racconti romanzati mi fanno incazzare, ragion per cui non ho fatto interventi sul tuo  Honoria  :o ;D
 Per errore compro "Stilicho" di Turati, scopro che è un romanzo storico, neanche l'ho aperto! Deformazione professionale di un noioso insegnante di scienze  :(

Il Sirago è carino ma scorre fin troppo liscio sui fatti, anche perchè i documenti sono pochi. Al punto che ti preme si dice che gli intrighi Galla Placidia erano noti a corte (Costantinopoli) ma Teodosio guardò alle convenienze e dalla protezione di Galla Placidia avrebbe avuto tanto da guadagnare. ( ref. Historia Ecclesiastica - Socrate). Apparte lo stranoto problema dell'Illirico, Teodosio avrebbe messo anche a posto il problema dinastico facendo maritare la figlia con Valentiniano

Offline antvwala

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #14 on: June 26, 2011, 07:07:37 am »
Il Mazzolani pure ma non mi è piaciuto perchè la Mazzolani, riveritissima e rispettatissima, purtroppo ci offre un racconto romanzato. I racconti romanzati mi fanno incazzare, ragion per cui non ho fatto interventi sul tuo  Honoria  :o ;D

In genere, neppure io amo troppo la storia romanzata, anche se non la escludo purché sia fedele alla realtà e non ceda alla fantasia. Il libro della Storoni è fedele alla verità e quindi mi piace. Poi tieni conto che da alcuni mesi a questa parte, sto leggendo quasi solamente i testi dei cronisti del V-VI secolo, per lo più in latino e, quando mi va bene, in qualche edizione del '700 nell'italiano di quell'epoca. Quindi, forse per reazione all'aridità di quelle letture, benvenuto un testo storico scritto con uno stile giornalistico (infatti più che romanzato lo definirei giornalistico).
Era da alcuni anni che non scrivevo nessun romanzo.
In effetti, inizialmente la mia idea era di scrivere un breve testo con stile ameno sulla vita della bella Giusta Onoria, quale cornice per inserire tutte le monete coniate in nome di Galla Placidia, Licinia Eudossia e Onoria medesima. Quindi trattavasi di articolo numismatico.
Poi la mano prese il sopravvento sugli iniziali intendimenti, e il breve articolo cominciò a convertirsi in una storia romanzata nella quale, tuttavia, i fatti sono sempre strettamente rispondenti a quanto dicono i documenti dei cronisti antichi (pur spesso incoerenti tra loro) e il "romanzo" entra nell'indagine psicologica dei quattro personaggi: Galla Placidia, forte e ambiziosa; Valentiniano III, sciocco e bambolone, geloso dell'intelligenza della sorella; Onoria, arrogante e femminista, priva di rispetto e considerazione per il fratello; Licinia sposata ad un marito che disprezza, la quale trova in Onoria una sorta di sorella.

Purtroppo i cronisti ci dicono, a volte, quali furono gli eventi e la loro successione cronologica: ma nulla ci dicono sulle ragioni "umane" e psicologiche che furono cagione prima degli eventi medesimi. A questo può sopperire il romanziere, purché tali ragioni umane e psicologia dei comportamenti siano davvero coerenti con i fatti documentati.

Comunque è la prima volta che mi cimento in un romanzo storico, e poiché voglio essere ligio alla verità storica e non pindarico, ne consegue che sono impegnato in uno sforzo enorme per leggere ogni possibile testo antico, anche se solo di quando in quando emerge una breve frase, o magari solamente un semplice aggettivo, che tuttavia danno qualche piccolo lume sulle ragioni dei comportamenti umani.

Il personaggio il cui temperamento e carattere sino al momento mi resta più oscuro, è proprio Valentiniano III, il cui regno, tuttavia, non fu così disgraziato come spesso si dice: al contrario, forse stanti gli eventi e i rapporti di forza, fu compiuto molto di quanto poteasi compiere per salvare il salvabile. Difficile, tuttavia, distinguere la sua mano da quella della sua genitrice, e comprendere quanto fosse stato soffocato dal carattere sì dominante di Placidia, che ne distrusse sin da piccolo ogni potenzialità allo scopo di dominarlo, oppure veramente fosse un imbecille, come mi suggerisce la di lui sorella...


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Offline benito

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #15 on: June 26, 2011, 07:40:41 am »
Onoria, I like your bio,but I am still waiting to know how you enticed  Eugenius ( in some detail).  :evil:

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #16 on: June 26, 2011, 08:25:13 am »
Onoria, I like your bio,but I am still waiting to know how you enticed  Eugenius ( in some detail).  :evil:

Non sono ancora arrivato alla vicenda amorosa (ma fu vero amore?) tra Onoria ed Eugenio.

Noto (con piacere) che nel romanzo biografico di Onoria il volume occupato dalle note supera in superficie quello occupato dalla narrazione! Infatti, come diceva poc'anzi, poco spazio lascio alla fantasia!
Per esempio, ovviamente sono molto rari i dialoghi, poiché dispongo di ben poco per poter - non dico ricostruire - ma almeno immaginare seriamente un dialogo.
In un teso incontro tra Onoria e la madre, quella rimprovera a questa di aver firmato la sentenza che condannava a morte Serena, colei che le fu madre:

Rimanemmo entrambe a lungo in silenzio: ora anche a me era venuto di piangere. “Ma tu eri l’augusta!”, esclamai dopo una pausa, “avresti dovuto negarti a firmare quella sentenza!”. “Tutti devono obbedire alle leggi, augusta Onoria, figlia mia prediletta: anche i principi sono sottoposti ad esse!”, mi rispose mestamente, e io compresi quanto avesse voluto salvare l’amata Serena e quanto si rimproverasse per non averlo fatto.

Ebbene, la frase fandamentale di questo dialogo, "Tutti devono obbedire alle leggi: anche i principi sono sottoposti ad esse!", è tratta testualmente da una novella firmata da Galla Placidia e promulgata il 3 gennaio 426: “Legibus serviant, quibus tenentur et principes”, Codex Theodosianus, X,26,2 (ovviamente richiamata in calce).
E' un esempio per spiegare cosa intendo quando dico che si può anche scrivere in modo romanzato una biografia o una vicenda storica, pur mantenendosi strettamente fedele alla realtà storica.

Certamente nella ricostruzione dei sentimenti e dei caratteri, influisce tantissimo la mia formazione di storico marxista-leninista (già l'amico di Ratzinger, con quell'eleganza di comportamento che gli è caratteristica, starà traducendo questo mi dire in inglese per denunciarlo agli amministratori del FAC!). Il fatto è che frequentai alla fine degli anni '60 frequentai a santiago l'ottimo Istituto superiore di Studi Marxisti-Leninisti, che mi diede quella forma mentis che tutt'ora mantengo e che vede nei personaggi del passato comportamenti e modi di essere attuali, condizionati dal momento socio-economico del contesto in cui vivevano, ma non intrinsecamente diversi dalle pulsazioni moderne.
Non importa che Onoria vivesse nel V secolo alla corte di Ravenna: poiché il suo temperamento non era sottomesso e remissivo (non illazione mia, ma comprovato dai fatti storici!), giunta all'età dell'adolescenza dovette inevitabilmente vivere quel complesso conflitto di passioni che contrappongono ogni generazione a quella dei propri padri. Ecco, allora, che immaginando che si sia dato un conflitto generazionale tra Onoria e sua madre, non compio un volo pindarico di fantasia, ma constato un fatto che certamente avvenne e si manifestò, anche se ignoriamo i quali modi esso si manifestò.

Alte volte i rari dialoghi che pongo sono estratti dalle Novellae Valentiniani, la cui lettura non mi provoca l'orgasmo, ma mi è utile. Esiste persino una novella che discute di come debbano essere i lampadari!

Benito! hai da propormi qualche link interessante che approfondisca il tema di Eugenio e Onoria?

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PS) Sto copiando in word l'intero volume di Pavirani, Memorie Istoriche di Galla Placidia (Ravenna 1848). Purtroppo l'autore è un integralista cattolico (piacerebbe certamente agli amici di Ratzinger) e dissemina mescolando quanto è veramente storia e quanto è un suo giudizio morale (giudizi, per altro, che non gli fanno onore): inoltre la sua opera è un panegirico in onore di Galla Placidia e della sua intransigenza nel condannare (= far sterminare) eretici e giudei. Tuttavia, per fortuna, in calce alle quasi 300 pagine del suo libro vi sono quasi un migliaio di note che rimandano alle fonti, e questo è il principale valore della sua opera e ciò che mi ha spinto a non limitarmi a scannerizzarla, ma mi ha indotto a trascriverla in word (l'esemplare scannerizzato è troppo modeto per attivare con discreto successo un programma OCR), giungendo ormai al 40% dell'opera.

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #17 on: June 26, 2011, 08:35:58 am »
Onoria, I like your bio,but I am still waiting to know how you enticed  Eugenius ( in some detail).  :evil:
Comunque, concordo con J.B. Bury che colloca la vicenda di Onoria ed Eugenio verso il 449, non il 434, come scrive Marcellino. Prisco, Giovanni di Antiochia e Giordane nelle loro croniche concordano nel collocare la lettera di Onoria ad Attila, precedendo direttamente l'ingresso dello stesso nelle Gallie.
L'anno 434 è una II indizione (consoli Teodosio e Valentiniano), ma anche l'anno 449 è una II indizione (consoli Protogene e Asturio). La cosa più probabile è che il codice pervenuto sino a noi delle cronache di Marcellino, fosse giunto in modo frammentario nelle mani del copista e questo, riproducendolo, abbia inserito la vicenda nell'indizione giusta, ma del ciclo quindicinnale precedente! Quindi non un errore di Marcellino, ma del copista originale.
Dunque è ora di finirla di presentare Onoria come una ninfetta libidinosa più consona alla corte di Arcore che di Ravenna! errore che compie anche il Pavirani, sempre papista e ultramoralista!
Onoria adolescente non mancò al "aulae decus" e Onoria matura si rebellò ad una vita di Corte divenuta una gabbia insopportabile!

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Re: Sul valore dei nummi, su Valentiniano III e su Galla Placidia
« Reply #18 on: June 26, 2011, 09:11:12 am »
E tornando a Galla Placidia, mi pare che in lei si compì un sincretismo: fu pari a Pulcheria nell'intolleranza religiosa e pari a Elia Eudocia (Atenaide) nell'amore per la cultura e soprattutto le arti.

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Re: Sul valore dei nummi, su Valentiniano III e su Galla Placidia
« Reply #19 on: June 26, 2011, 12:23:00 pm »
come tu dici si sanno dei fatti ma nulla sulle ragini psicologiche. In un certo senso è materiale ideale se si vogliono riempire i vuoti con la fantasia. Sui fatti di Onoria potrebbe venirti in auto il libro di Zecchini (Aezio...) ma è introvabile.
Difficile interpretare il gesto dell'anello, più semplice l'amorazzo col cortigiano visto che la vita, vicino a GallaP, doveva essere di tipo claustrale...

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Re: Sul valore dei nummi, su Valentiniano III e su Galla Placidia
« Reply #20 on: June 26, 2011, 12:55:41 pm »
come tu dici si sanno dei fatti ma nulla sulle ragini psicologiche. In un certo senso è materiale ideale se si vogliono riempire i vuoti con la fantasia. Sui fatti di Onoria potrebbe venirti in auto il libro di Zecchini (Aezio...) ma è introvabile.
Difficile interpretare il gesto dell'anello, più semplice l'amorazzo col cortigiano visto che la vita, vicino a GallaP, doveva essere di tipo claustrale...
OK, anche se più che "riempire i vuoti con la fantasia", mi sforzo per farlo con la logica.
Il gesto dell'anello è sostanziale non solo per la vita di Onoria, il che tutto sommato sarebbe qualcosa di banale, ma perché diede origine a una serie di eventi che incisero sulla storia di quegli anni ed anche di quelli a venire: basta pensare al rafforzamento dell'autorità papale che ne derivò e che condizionò tutta la Storia del Medioevo e del Rinascimento europeo.
La testimonianza di Prisco e di altri cronisti è coerente e non crede che possa ancora essere messo in dubbio l'esistenza del messaggio di Onoria ad Attila e neppure che fosse stato accompagnato da un anello. Per dimostrare che effettivamente lei ne era la mittente? O promessa di matrimonio? Credo che Onoria non fosse stupida e che Valentiniano la temesse: avventure amorose nelle corti (anche in quelle più bigotte e puritane) erano all'ordine del giorno e sarebbe stato molto facile per Galla Placidia e Valentiniano far sparire amante e neonato e tacitare lo scandalo. Soprattutto sarebbe stato più comodo e opportuno. Ma non fu così. Perché?
Cosa voleva ottenere Onoria con quest'amorio? Solamente dar sfogo alla libidine o dare alla luce un possibile futuro pretendente al trono? Contrastare in qualche modo il potere del fratello (forse esisteva una fronda che avrebbe voluto detronizzarlo? non sarebbe niente di strano) e porre il proprio amante (o il proprio figlio) quale alternativa?
Valentiniano avrebbe voluto che fosse sentenziata a morte e fu la madre che s'impose e ottenne che fosse mandata in convento. Perché tanta rabbia? Proprio da parte di un puttaniere come lui?
Altro aspetto molto misterioso, quando avvenne lo scandalo Onoria trovò protezione a Costantinopoli, nonostante la bigotteria della sempre vergine Pulcheria. Per pietà? Non fatemi ridere! Per interesse, per nessun'altra ragione che l'interesse! Ma qual'era, allora, il piano di Teodosio nel quale Onoria era entrata quale pedina?
Onoria avrebbe voluto veramente unirsi in matrimonio con Attila? Credo proprio di si. E comincio a credere che in qualche modo questo matrimonio combaciava con gli interessi di Teodosio, mentre Valentiniano era pronto ad affrontare Attila e gli Unni da solo, pur di impedirlo (e infatti Teodosio non gli diede nessun aiuto) e ciò che salvò il culo di Valentiniano III non fu il coraggio del Papa con il suo anatema.... ma fu il culo degli Unni in preda alla diarrea!
Licinia Eudossia era di poco più giovane di Onoria ed erano insieme a Ravenna: trascurata dal rozzo marito, in chi poteva trovare conforto e amicizia la figlia di Atenaide, se non proprio in Onoria? Penso che furono molto amiche e che Onoria avesse confidato a Licinia i suoi pensieri. Per questo, di fronte alla brutalità di Petronio e del matrimonio imposto (che bisognerebbe chiamarlo con il suo nome: stupro), non trovò niente di meglio da fare che copiare quanto già fece l'amica e cognata Onoria, e mandò la sua letterina (con anello) a Genserico: solo che ai Vandali non venne la diarrea e la storia per Licinia ebbe quel lieto fine (con i fiori d'arancio per le sue figlie) che mancò a Onoria.

A volte la Storia non la protagonizzano i grandi uomini, ma la diarrea!  :evil:

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Re: Sul valore dei nummi
« Reply #21 on: July 02, 2011, 11:25:37 am »
Onoria, I like your bio,but I am still waiting to know how you enticed  Eugenius ( in some detail).  :evil:
Io non riesco a rintracciare nessun dato su Eugenio e sul figlio che ebbe con Onoria. Conosci tu qualcosa di più sul tema che l'accenno di Marcellino dell'anno 434? Grazie.
I can not find no data of Eugene and the son she had with Honoria. Do you know something more about the subject than the hint of Marcellinus at the year 434? Thanks.

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Re: Sul valore dei nummi, su Valentiniano III e su Galla Placidia
« Reply #22 on: July 02, 2011, 12:45:27 pm »
Sorry ,no more information than yours on this matter. My sources have been Bury and Demougeot.
This could interest you
http://bib.irb.hr/datoteka/126066.GRACANIN_2003_53-74.pdf

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Re: Sul valore dei nummi, su Valentiniano III e su Galla Placidia
« Reply #23 on: July 02, 2011, 12:57:01 pm »
My sources too!

John of Anthioquia: Ἧκε γάρ τις ἀγγέλλων, τὸν Ἀττήλαν τοῖς κατὰ τὴν Ῥώμην ἐπιθέσθαι βασιλείοις, Ὀνωρίας τῆς Βαλεντινιανοῦ ἀδελφῆς ἐς ἐπικουρίαν ἐπικαλεσαμένης αὐτόν. Ἡ γὰρ Ὀνωρία τῶν βασιλικῶν καὶ αὐτὴ ἐχομένη σκήπτρων, Εὐγενίῳ τινὶ, τὴν ἐπιμέλειαν τῶν αὐτῆς ἔχοντι πραγμάτων, ἥλω ἐς λαθραῖον ἐρχομένη λέχος, καὶ ἐπὶ τῷ ἁμαρτήματι ἀνῃρέθη μὲν ἐκεῖνος, ἡ δὲ τῶν βασιλείων ἐλαθεῖσα, Ἑρκουλάνῳ κατεγγυᾶται, ἀνδρὶ ὑπατικῷ καὶ τρόπων εὖ ἔχοντι, ὡς μήτε πρὸς βασιλείαν μήτε πρὸς νεωτερισμὸν ὑποτοπεῖσθαι.

Thank you for the text of Gracanin: I don't knowed it.

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Re: Sul valore dei nummi, su Valentiniano III e su Galla Placidia
« Reply #24 on: July 02, 2011, 06:49:36 pm »
L'articolo di Gracanin offre qualche informazione aggiuntiva. Il paragrafo 3.1, infatti, è interamente dedicato alle vicende di Onoria. Qui di seguito lo posto integralmente (sperando che non ci siano errori nella scannerizzazione).
The article of Gracanin provides some additional informations. Paragraph 3.1, in fact, is entirely devoted to the story of Honoria. Here the whole place (hoping there are no errors in scanning).

Antvwala



Hrvoje Gračanin

3.1. IUSTA GRATA HONORIA


Simultaneously with the Silvanus affair, there was another affair that threatened to spoil seriously the relations between the Western Roman Empire and the  Huns. For Iusta Grata Honoria, the sister of the emperor Valentinianus III, conspired behind her family’s back with the king of the  Huns. At the time of Romulus embassy, the whole matter was not yet known to the general public, but it came to light a few months later, in 450 . 
Iusta Grata Honoria was the daughter of the western Roman emperor Constantius III and Aelia Galla Placidia, the daughter of the emperor Theodosius I, and sister of the emperors Arcadius and Honorius. She was born between October 417 and September 418.  After Valentinianus acquired the throne of the Western Roman Empire in 425, Honoria received the title of Augusta which enabled her to participate in the rule.  This was done that she could step into her mother’s place as regent if something were to happen to Galla Placidia.  But as Theodosius II’s sisters were all devoted to chastity and had to remain unwedded (amongst them Pulcheria, the Augusta and former regent to her brother), so Honoria was denied the right to marry, since her husband could aspire to the position of a joint ruler.  As a self-willed young woman, she did not appreciate her status and the obligations forced upon her, and she rebelled.
This rebellion took a form of a love affair with the manager of her estates (procurator) Eugenius, probably in 434, when she apparently conceived and was sent off from Ravenna to Constantinople . There here aunts were supposed to influence her in the atmosphere of piousness and moral purity, and quell her temperament. Surely, the general public was not made aware of the scandal and Honoria was not deprived of her Augusta title, because this would have stired up many unpleasant questions, and because she was probably still regarded as a possible regent. It seems she was soon back in favour and returned to Ravenna. Perhaps Galla Placidia called her daughter back on the occasion of Valentinianus’ wedding in 437, or she did so in an attempt to restore the balance of influence after Valentinianus had created his wife Eudoxia Augusta in 439.
But ambitious Honoria was not satisfied with her diminished role , and Valentinianus certainly did not look upon his sister’s attempts to participate in the rule with liking. It is quite possible that she intrigued against her brother, looking for a suitable candidate whom she would marry and elevate to the throne. But the Emperor discovered her scheming, had her put under strict surveillance, and betrothed her compulsory to a wealthy senator named Flavius Bassus Herculanus (consul in 452) who could be depended upon to resist if his wife attempted to draw him into revolutionary designs.  This time Honoria was divested of her Augusta title.
 As such an arrangement forced upon her did not appeal to Honoria, she decided to do something. She sent a trusted servant, a eunuch named Hyacinthus, to Attila, with her signer ring and a sum of money, requesting his assistance to prevent her forthcoming marriage . Was Honoria prompted to this step by the fact that her mother too was once married to a mighty barbarian ruler, the king of the Visigoths Athaulf? Be that as it may, Attila received the message probably in the spring of 449. 
The king of the Huns surely saw this as an excellent opportunity to fulfill his most daring plans. Very likely Honoria did not mention in her request the possibility of marrying Attila, but he interpreted it precisely so. Still, he decided to wait as he probably thought it was not the right time to act openly let alone to enter into an armed conflict. After all, he was currently being occupied with the negotiations with the court at Constantinople, and engaged into testing of flexibility of the court at Ravenna towards his seemingly whimsical demands. But in 450 he determined it was the appropriate moment. In the spring or summer he addressed himself directly to the senior Augustus Theodosius II, demanding from the Emperor to ask Valentinianus III to surrender immediately Honoria to the Huns. 
Theodosius indeed  advised his younger imperial cousin to comply with Attila. It was a welcome opportunity for him to divert the Hunnic pressure from his part of the Empire, and perhaps to redeem himself because he had agreed to the plan to murder Attila not so long ago. Valentinianus III must have been furious. It is easily possible that he found out about his sister`s excess already in 449,  but he did not take any obvious steps, because he wanted to avoid the whole case becoming known to the public. The conduct of Theodoius II after the whole affair was discovered shows that Valentinianus III was right. But it was too late. What remained to the Emperor was only to vent his anger on the main culprits for the trouble he found himself in. Hyacinthus’ destiny was terrible. He was tortured and then beheaded. Honoria escaped a severe punishment only thanks to the intercessions of her mother whom she was entrusted to. 
However, Attila sent an embassy to Ravenna in 450 after the death of Theodosius II and accession of Marcian to the throne, intervening in behalf of Honoria and demanding that she would be given the right to share the imperial power which was naturally refused.  In the second embassy to the western Roman court that happened towards the end of the same year or at the beginning of the next Attila went one step further: he officially asked Honoria’s hand in marriage and a half of the Western Roman Empire as a dowry. Of course, he received another negative response.  Regardless of the meaning and the tone of Attila’s demands, it seems that the sending of these two embassies shows that the king of the Huns was interested in the peaceful fulfillment of his demands.  Nevertheless, Attila always counted with the possibility of war. Already in 448 he came into contact with a certain doctor named Eudoxius, a leader of the Bacatidae, who escaped from the Gaul to the Huns,  and in the sping of 450 the king of the Huns made a new agreement with the Eastern Roman Empire by which he agreed to many concessions to secure the Danubian frontier.  Thus started Attila’s campaign against the Western Roman Empire at the beginning of 450. 

 

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