Credo che in quanto al bronzo, i vandali abbiano coniato delle belle monete, con legende chiare e corrette: ma poiché i vandali dominavano il Mediterraneo orientale, e a un certo momento anche tutte le isole del mare Nostrum, dalla Sardegna alle Baleari, dalla Corsica a gran parte della
Sicilia, e la loro presenza era significativa
sulla costa alessandrina e palestinese,
così come nel Peloponneso, era ovvio che la loro
moneta enea fosse imitata da una pluralità di soggetti. Questo spiega la esistenza
coeva di nummi con legende chiare e corrette (tenendo presente che i vandali rendevano con lettere latine nomi in lingua germanica,
per i quali non esisteva una forma codificata di trascrizione), altri con legende sgrammaticate e lettere mal eseguite, ed altri ancora con pseudolegende.
La situazione è diversa se si considera il periodo anteriore al sacco di
Roma, vivente
Valentiniano III, quando
tra l'imperatore romano e Genserico si raggiunse una coesistenza pacifica, sancita dalla presenza di Unnerico ala corte ravennate e dalla promessa di matrimonio
tra il figlio di Genserico ed
Eudocia, figlia di
Valentiniano III.
In quel periodo, è presumibile che i vandali abbiano coniato monete di bronzo
imitative di quelle di Valentiniano, ma, soprattutto, in
nome di Valentiniano. Averlo fatto in
nome di
Teodosio II, o di
augusti già scomparsi, sarebbe stato un gesto inutilmente offensivo nei confronti di
Valentiniano III, che avrebbe potuto compromettere un matrimonio al quale Genserico teneva moltissimo.
E' possibile, dunque, che nel periodo 440-455 (molto indicativamente) i vandali coniassero monetea enea in
nome di Valentiniano e non è da escludersi la presenza di un incisore romano a Cartagine. Potrebbe questa monetazione essere grammaticalmente improvvisata o anche con pseudolegenda.
Difficile comprendere, invece, la coesistenza di monete enee dal disegno estremamente rozzo, con altre, come le Vittorie con pseudolegenda, con un disegno di elevata qualità.