Plutone e Persefone non abitano più qui

Mi affascinava l'idea di calpestare un suolo, prima di me  percorso, per almeno un migliaio di anni, da uomini e donne che, dall'incontro con i morti, si ripromettevano lumi per il futuro. Li immaginavo, questi nostri antenati, disposti a mettere a repentaglio la loro vita (si diceva allora che l'incontro con i morti fosse non privo di rischi, per il contagio che poteva provocare) pur di conseguire il risultato.

Mi infastidiva, tuttavia, nel ripercorrere con la fantasia questo loro pellegrinaggio, la luce accecante del sole che mostrava senza pietà gli ambienti diroccati, un tempo avvolti da tenebre, attenuate solo dalla fioca luce di qualche lanterna e riecheggianti il brusio sommesso delle litanie dei sacerdoti.

Dall'area sacra scesi allora giù, nella casa dell'Ade, lasciando alle spalle le tracce dei pellegrini, ma ritrovando la penombra, il silenzio e la concentrazione necessari per il mio percorso.

Pensai a quanto triste fosse la vita dei pellegrini di quei tempi, se Omero fa dire, nell'Ade, ad un eroe come Achille, "meglio, da vivo, essere servo d'un contadino in miseria, che re da morto" !
Se per quegli uomini l'unica esistenza felice era quella dei vivi, immaginai che i più vivessero i loro giorni nel massimo egoismo personale, terrorizzati dal tempo che passava.

Pensai anche a quale grande progresso per l'umanità fosse stato l'avvento del cristianesimo che, spostando in avanti la speranza della vera vita, aveva liberato l'uomo dall'angoscia della morte.

Pensai, per quanto mi riguardava, alla difficoltà, di far accettare alla ragione ciò che il cuore vorrebbe ma che la fede non sostiene. E conclusi pensando che, in mancanza d'altro, vedevo per me, come ragione dell'esistenza, la conservazione della specie o, se vogliamo, delle specie viventi,  conservazione che, certamente, non è il solo atto del generare, ma anche il progredire ed il crescere degli uomini.

Pensai ancora a ciò che maggiormente mi turba, non l'idea della morte, accettabile in quanto ciò che si conservano sono le specie, non i singoli individui, ma il pensiero che, con la morte, si cancella ogni traccia del passaggio del singolo, come se ogni ricordo personale, i fatti vissuti, le persone conosciute fossero privi di importanza e non meritassero di sopravvivere. Di mio nonno paterno, ad esempio, so solo pochissime cose, del mio bisnonno paterno, appena il nome.

Così mi tornarono alla mente i versi attribuiti a Virgilio, "sic vos non vobis". Ma questi versi soddisfano la ragione, non i dubbi dello spirito.

La voce di mia moglie, alle mie spalle, mi richiamò alla realtà, risalii nell'area sacra, alla luce accecante del mondo dei vivi dove alcuni radi turisti scattavano foto e le mura antiche, illuminate dal sole, perdevano un po' del loro fascino. I miei problemi non erano risolti, pensai, Plutone e Persefone non abitano più qui!

Mi avviai verso l'uscita, quand'ecco che la vidi, muoversi velocemente nell'erba rada; la rovesciai, era una femmina di tartaruga. "Persefone", la chiamai, "ti ho riconosciuta, un simulacro della tua progenitrice è stato ritrovato proprio qui" (*). Allora non è vero che ci hai lasciato! finché la tua specie percorrerà questi luoghi, essi continueranno a vivere dell'antica luce".
 

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(*) ora al museo archeologico di Ioannina