Ho riscritto quasi tutti i post di questa discussione (tranne gli ultimi)
per proporvi in modo integrale i
primi 5 capitoli della mia biografia di Justa Grata
Honoria.
Immagine che Onoria scrive in prima persona dopo il 452, quando ormai
Teodosio II,
Galla Placidia e
Attila sono morti: ella si trova a
Roma, reclusa in un convento, temendo
per la sua
vita ora che sua madre è morta.
Molte scelte sono discutibilissime.
Tanto
per cominciare il fatto di essere una biografia romanzata, il che fa storcere di molto il
naso a Pippo...
Per istinto, anche a me la storia romanzata non mi entusiasma, e neppure mi entusiasmano i romanzi di Giulio
Castelli, che pure si documenta bene. Perché allora ho scelto questo modello di narrazione? Perché mi annoiavo a scrivere un saggio di storia e, dopo 5 o 6 anni, mi è venuta voglia di tornare alla narrativa.
Ma a voi, e in modo particolare a Pippo che non ama questa scelta, domando: al di là dello stile romanzato, ritenete che sono rigoroso nei fatti storici? Tenete presente che in questi miei post non ho inserito le note, che praticamente accompagnano quasi ogni paragrafo, ed il cui volume non è inferiore a quello del tetso medesimo.
Ritenete credibile la psicologia dei personaggi? Storicamente corretta la posizione di
Teodosio II?
L'uso del calendario romano vigente nel tardo impero, con il sistema dei cicli quindicinnali di indizioni e
fasti consolari, è fastidioso? Appesantisce il testo?
Il linguaggio piuttosto aulico (come si conviene a un'augusta, ma anche tenendo in conto che lo stile degli autori del V secolo è molto ampolloso: Sidonio Apollinare ne è un esempio!) e troppo pesante? risulta sgradevole?
Spero di aver stimolato almeno un poco la discussione, che sino al momento ha trovato Benito quale unico interlocutore...
Antvwala