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MITI, LEGGENDE E PERSONAGGI
petronius arbiter:
AUTORE: petronius arbiter
Titolo: 20) - Venere
Venere, l’ Afrodite dei greci, godeva a Roma di un culto molto profondo e, bellissima fra le dee, esercitava su mortali e immortali un fascino irresistibile.
Era la dea dell’amore e della bellezza, nata dalla spuma del mare, ed a lei era dedicato il mese dei fiori, Aprile (sono un po’ in anticipo ;D) personificando la rigenerazione e la riproduzione di tutti gli esseri viventi.
Nella mitologia romana Venere era la madre di Enea, mitico eroe sfuggito alla caduta di Troia e giunto sulle sponde del Lazio, dopo innumerevoli pericoli e traversie (così la racconta Virgilio ::)); egli aveva con sé il figlio Julo (o Ascanio) futuro fondatore di Alba Longa e capostipite di quella Gens Julia che, dopo aver edificato Roma, la renderà grande e potente grazie a Giulio Cesare e Ottaviano Augusto.
A Roma sorgevano tre templi dedicati alla dea Venere, chiamata di volta in volta Murcia (che accarezza) Cloacina (pacificatrice tra Romani e Sabini, come illustra ottimamente Tacrolimus nel suo post ) e Libitina (la dea dei morti).
Questo accostamento della la dea dell’amore e della bellezza con la morte può suonare strano alla nostra sensibilità moderna, ma così non era per i popoli antichi, secondo i quali la vita e la morte erano due momenti dell’esistenza e dalla seconda rifioriva immancabilmente la prima.
In epoca imperiale Venere era detta Genitrix, con riferimento alla Gens Julia e Victrix, ad indicare la vittoria dell’amore su tutto.
In questo sesterzio di Julia Mamea è, invece, semplicemente FELICE mentre tiene in braccio Cupido.
petronius 8)
Postumus:
AUTORE: Postumus
TITOLO: 21) MONETA
Nella nostra esperienza quotidiana la moneta è essenzialmente uno strumento di pagamento, un mezzo di scambio con cui paghiamo e siamo pagati.
In realtà la moneta ha avuto ed ha anche altre funzioni, ma nessuna di queste può essere rintracciata dall’etimo del suo nome che risulta particolarmente affascinante e che si deve alla famosa storia delle oche del Campidoglio.
Nel 396 a. C. Roma si trovava sotto l’assedio dei Galli di Brenno; sulla cittadella del Campidoglio vi era il tempio dedicato a Giunone dove venivano allevate delle oche sacre alla dea.
Una notte, al sopraggiungere dei Galli, le oche presero a starnazzare e svegliarono l’ex-console Manlio che dette l’allarme. L’attacco fu quindi sventato grazie alle oche sacre. Manlio aggiunse al suo nome il cognomen Capitolinus.
Da quel momento la dea Giunone acquisì l’appellativo di Moneta, dal verbo latino monere che sta per avvertire, ammonire, in quanto si credeva che avesse lei destato le oche per avvertire dell’arrivo dei Galli.
Successivamente, verso il 269 AC, in prossimità del tempio venne edificata la zecca che venne messa proprio sotto la protezione della Dea Moneta. A quel punto fu il linguaggio popolare a trasmettere l’appellativo della Dea dapprima alla zecca e poi a quelli che lì si produceva.
eccola in una raffiguarzione di un antonianiano di Postumo
roth37:
AUTORE: roth37
TITOLO: 22) LA LEPRE DI MESSANA
Con orecchie alte e larghe; oppure basse che potrebbero alludere alla velocità nella corsa. Il diritto è rappresentato da una biga trainata da corsa trainata da mule. In esergo una foglia di lauro o spesso un ramoscello d'ulivo o un viticcio. Così si presentano le monete di Messana che ha lasciato il segno del suo fulgore nel V° secolo a.C. Ma chi era Messene? Era la figlia di Triopade, Re di Argo, che sposò Policaone, Re della Laconia. Dopo la sua morte fu venerata come una divinità dagli abitanti della regione che da Lei prese il nome: la Messenia.
I Calcidesi di Zankle, agli inizi del V° sec vennero sopraffatti dai Sami e dai Milesi, esuli a causa delle invasioni persiane. Costoro, in dispregio all'invito loro rivolto dall'allora signore di Zankle, Skythos, e dietro il perfido consiglio di Anaxilas, diventato con l'inganno tiranno di Rhegium e geloso della crescente potenza di Zankle, si impadronirono della città. Il perfido disegno di Anaxilas non si completò fino a quando non riuscì a cacciare i Sami da Zankle, divenendo, nel 491 a.C., signore assoluto della città che chiamerà Messena, in onore della sua patria di origine.
Con la sua monetazione, Anaxilas, dopo il tipo comune con Rhegion della protome leonina, presenta i due nuovi tipi della biga di mule e della lepre corrente con l'etnico Messenion, per emettere nel successivo governo democratico (dopo il 486 a.C.) gli esemplari, che spiccano per la loro grande bellezza e superiore tecnica e nei quali si intravvedono frequenti i simboli relativi alla prosperità agricola, il culto agreste di Pan ed i simboli del mare. Talora viene esaltata la Messana stessa, figura muliebre e personificazione della città vittoriosa per analogia a qualche insigne opera dell'arte greca.
petronius arbiter:
Autore: petronius arbiter
Titolo: 23) - Vesta
Vesta, sorella di Giove, la Hestia del Greci, rappresentava il focolare domestico, proteggeva la famiglia, ed in tale veste era la principale divinità privata, ma ben presto fu onorata anche di culto pubblico, essendo considerato lo Stato come la più grande famiglia.
Il tempio di Vesta, uno dei più antichi di Roma, edificato dal re Numa Pompilio, sorgeva ai piedi del colle Palatino, presso il Foro; era a pianta circolare e molto angusto, appena capace di contenere un’ara sulla quale ardeva il fuoco sacro, simbolo di perennità dello Stato Romano.
L'attuale tempio, che un restauro moderno ci presenta nella versione di età severiana, sorge su un alto podio rivestito di marmo con colonnato corinzio e con tetto conico fornito di un foro adatto a far fuoriuscire il fumo del fuoco sacro custodito all'interno dell'edificio.
Accanto al tempio si trovano i resti dell'abitazione che ospitava le sacerdotesse, costituita da un grande cortile interno porticato attorno al quale si sviluppavano le residenze e gli ambienti di lavoro delle Vestali disposti su più piani.
Al servizio di Vesta erano preposte sei Vestali, scelte tra le più antiche e nobili famiglie romane all’età di 6-10 anni, con entrambi i genitori in vita e fisicamente impeccabili: prescelte con sorteggio, all'atto della consacrazione, facevano dono della loro chioma alla dea.
Erano quindi sottratte alla “Patria Potestas” dal Pontifex Maximus, con il rito giuridico-sacrale consistente nell’afferrare per il braccio la bambina pronunciando la formula rituale: “Amata te capio” ; da quel momento la Vestale era dedicata alla dea era “sui iuris” sottoposta soltanto alla potestà del Pontifex.
Le sacerdotesse abitavano nella casa delle Vestali, di cui si è detto sopra, ed avevano il compito di mantenere sempre acceso il fuoco sacro, ed anche di preparare la “mola salsa” (mistura di farro e sale) indispensabile per immolare le vittime sacrificali.
Le sei Vestali avevano l’obbligo della castità e purezza, ed il loro servizio durava trenta anni, dopodichè potevano, volendo, uscire dal sacerdozio e condurre vita comune.
Le Vestali godevano dei massimi pubblici onori e della generale stima; la loro sola presenza era sufficiente a placare dispute violente o a graziare un condannato a morte.
Le Vestali conducevano una vita agiata, possibile grazie alle elargizioni private ed ai lasciti testamentari: anche molti imperatori lasciarono consistenti ricchezze all'ordine delle Vestali.
Esse provvedevano inoltre ad aiutare i poveri ed i bisognosi, cosicché per Roma non girassero mendicanti.
La Vestale colpevole dell’estinzione del fuoco sacro veniva frustata dal Pontifex Maximus, oppure, se violava il voto di castità, veniva sepolta viva nel campus sceleratus perchè il suo sangue non poteva essere versato: famosa per questo, fra tutte, Rea Silvia, madre di Romolo e Remo.
Dopo l'abolizione dei culti pagani, voluta da Teodosio nel 391 d.C., la casa ed il tempio vennero chiusi e l'edificio pare sia servito prima come residenza di funzionari dello stato e, successivamente, della stessa corte imperiale.
Rare sono le rappresentazioni statuarie di Vesta, mentre molte monete sono a lei dedicate: su di esse la dea veniva rappresentata in piedi o seduta, sempre con espressione severa e completamente vestita, con in mano la tazza sacrificale e lo scettro, come nel famoso asse di Caligola, qui raffigurato.
petronius 8)
Postumus:
AUTORE: Postumus
TITOLO: 24) AQUILA
Secondo alcuni, Romolo, come narra la leggenda, non vide undici avvoltoi ma bensì undici aquile che sarebbero quindi entrate così a fare parte della simbologia romana. L'Aquila è sempre stata nella iconografia latina come un'animale divino descritta anche come: "fedele interprete dei voleri del Padre Giove". Era quindi considerato un animale sacro, e superiore per forza.
Tuttavia ebbe esclusivamente questo significato per tutta l'età regia, e la Repubblica fino all'arrivo di Caio Mario che riformando l'esercito introdusse una speciale insegna con in cima un'aquila. Da quel momento in poi questo volatile è diventato simbolo comunemente del potere militare, infatti era sempre presente sugli elmi o le corazze dei generali e dei più alti ufficiali. Con la nascita dell'Impero a opera di Cesare Ottaviano Augusto l'Aquila diventa simbolo più in generale dell'Imperatore (che era anche il capo delle Forze Armate) e dell'Impero.
Eccola in denario legionario di Marco Antonio
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